9 dicembre 2010
Sul web le ordinanze di custodia cautelare ma oscurando i dati non essenziali
Un provvedimento adottato di recente dall’Autorità garante per la protezione dei dati personali ha ritenuto conforme alla normativa sulla privacy la pubblicazione sul web di un’ordinanza di custodia cautelare, a patto però che vengano ‘oscurati’ i dati personali non essenziali (quali indirizzi dei luoghi di residenza e domicilio, numeri telefonici e codice fiscale).
Se, infatti, costituisce espressione della libertà di manifestazione del pensiero, garantita dalla nostra Carta fondamentale (art. 21 Cost.), la divulgazione di atti giudiziari che non siano coperti da segreto, e indifferente risulta in tal senso il mezzo utilizzato (giornali, radio, televisione, internet), la finalità informativa della diffusione presuppone pur sempre il rispetto del principio di essenzialità dell’informazione, in base al quale ogni dato superfluo deve essere escluso, tanto più se si tratta di dati riservati. Il Garante della privacy ha altresì evidenziato che la pubblicazione integrale del provvedimento giudiziario risulta ingiustificata, in quanto lesiva dei principi di pertinenza e di non eccedenza che regolano il trattamento dei dati personali
In un’epoca segnata da flussi inarrestabili di atti e dati provenienti dal fronte giudiziario e dal progressivo superamento di soglie fino a qualche tempo fa ritenute invalicabili – si pensi alla diffusione in tv e via web, da parte di quasi tutte le testate giornalistiche nazionali (unica eccezione, il quotidiano La Stampa, che in un editoriale a firma del direttore Mario Calabresi ha spiegato le ragioni della scelta: “perché non aggiungevano nulla a quello che avete già letto fino a oggi, perché non servivano a chiarire nulla e perché potevano essere utili solo a solleticare le morbosità, a infilare la testa più in fondo nel pozzo”), dei files contenenti le registrazioni degli interrogatori cui è stato sottoposto Michele Misseri per il delitto di Avetrana – la decisione dell’Autorità garante segna un importante passo nella direzione di un ridimensionamento delle sempre più frequenti distorsioni mediatiche che la cronaca giudiziaria sta offrendo in questi mesi, e ha il merito di fare chiarezza su di un punto fondamentale che può essere d’aiuto per tracciare i confini tra un’informazione completa ma corretta e le notizie date in maniera ipertrofica, morbosa e voyeuristica.