22 settembre 2011
La tempesta giudiziaria tra gossip e politica
«Ora i miei incanti son tutti spezzati, e quella forza che ho è mia soltanto e assai debole. Ora senza dubbio potete confinarmi qua o farmi andare a Napoli. Non vogliate, giacché ho riavuto il mio ducato e perdonato al traditore, che io resti ad abitare, in grazia del vostro magico potere, questa isola; ma liberatemi da ogni inceppo con l’aiuto delle vostre valide mani. Un gentil vostro soffio deve gonfiar le mie vele, altrimenti fallisce il mio scopo che era quello di divertire. Ora non ho spiriti a cui comandare, né arte da far incantesimi, e la mia fine sarà disperata a meno che non sia soccorso da una preghiera che sia così commovente da vincere la stessa divina misericordia e liberare da ogni peccato. E come voi vorreste esser perdonati di ogni colpa, fate che io sia affrancato dalla vostra indulgenza».
Sono i versi conclusivi de La Tempesta di William Shakespeare (1564-1616), pronunciati dal protagonista Prospero, legittimo Duca di Milano esiliato su un’isola adriatica insieme alla figlia Miranda dopo essere stato deposto dal fratello Antonio con la complicità del re di Napoli.
Assonanze geografiche, ma anche divergenze di trama rispetto alla tempesta giudiziaria che si sta abbattendo sul Premier su più fronti. Quella del 2011, a differenza della tempesta della commedia shakespeariana – messa in scena per la prima volta esattamente cinquecento anni fa – scatenata da Prospero per provocare il naufragio della nave su cui viaggia l’usurpatore Antonio assieme ad altri cospiratori, non è infatti mossa da chi è stato illegittimamente privato del potere ed è tutt’altro che conclusa.
Del resto non ci troviamo di fronte ad una commedia come nel caso della penultima opera del drammaturgo inglese, ma purtroppo ad una tragedia, dai contorni e dal finale ancora indefiniti, che – nonostante il punto a favore del Presidente del Consiglio segnato martedì dalla decisione sulla competenza nell’affaire Tarantini – rischia di travolgere insieme al Cavaliere la seconda Repubblica.
Da Bari a Napoli, da Pescara a Milano, Silvio Berlusconi appare sfiorato e/o ‘stregato’ da una rete affaristico-criminale che mirava ad ottenere favori dal governo in cambio delle liete serate organizzate a palazzo Grazioli piuttosto che ad Arcore. I contorni sono ancora opachi e indefiniti, ma si parla di commesse, incarichi, candidature, o più prosaicamente di denaro in ingenti quantità, a fronte dei quali è ragionevole pensare che non vi fosse il solo soddisfacimento dei desideri del Premier.
E questo, si badi bene, a prescindere dal fatto che egli ne avesse piena consapevolezza. Il suo entourage, il variegato sottobosco governativo, sembrerebbe insomma tutt’altro che ignaro ed estraneo – e il silenzio di molti non fa che alimentare tale sensazione – con la conseguenza che le numerose inchieste, allo stato frammentate e indipendenti, rischiano di rappresentare il preludio di uno shock giudiziario ben più grave, che potrebbe assumere in autunno portata e dimensioni tali da far impallidire il ricordo di Mani Pulite facendo emergere un sistema di corruzione diffuso. Una tempesta (giudiziaria) d’autunno, per l’appunto.
Non è, insomma, solo una questione di gossip, che pure dalle sterminate intercettazioni depositate e pubblicate trae una linfa pressoché inesauribile, in grado di soddisfare – com’è oramai diventata regola – non soltanto i tradizionali rotocalchi scandalistici ma l’intero mondo dell’informazione, senza distinzione alcuna.
Ma è anche, e soprattutto, una questione dai risvolti politici ancora insondabili, in un Paese nel quale le rivoluzioni scarseggiano, le regole della democrazia funzionano poco – complici una legge elettorale improponibile e un’articolazione dei pubblici poteri ‘bloccata’ – e il ricambio dei governanti, come ha ricordato domenica scorsa Antonio Polito sulle pagine de Il Corriere della Sera, avviene sì senza spargimenti di sangue ma con epiloghi drammatici che vedono “da Hammamet a palazzo Grazioli … i protagonisti inseguiti dalla giustizia e scagliati dall’altare del potere alla polvere del ludibrio”, piuttosto che secondo le regole e le prassi di una democrazia matura: avvicendamento del leader del partito (o della coalizione) di governo quando il suo consenso è in caduta verticale, anche per garantirne un’uscita soft dalla scena pubblica; nuovo match tra gli opposti schieramenti, che consente di lasciare alle spalle ogni coda velenosa.
Ma si tratta purtroppo, sempre per rimanere in ‘area Shakespeare’, soltanto di un Sogno di una notte di fine estate per noi italiani.
Scritto il 23-9-2011 alle ore 14:12
Non è tanto il fatto che il ricambio non avviene quanto il fatto davvero fuori da ogni logica che i politici inquisiti possano rimanere al loro posto.
Una seria riforma elettorale non può prescindere dalla necessità di stabilire che non può proporsi candidato chi è indagato per fatti rilevanti penalmente. Certo c’è il principio della presunzione di innocenza (ha senso ha dopo una condannna in primo grado?) ma ritengo che una carica pubblica sia incompatibile con la necessità di doversi confrontare con un magistrato inquirente (la prova è data dal legittimo impedimento sollevato da B.).
Del resto ci sono almeno dieci milioni di italiani
liberi da impedimenti giudiziari che possono legittimamente proporsi.
Altro principio direi sacrosanto è che nei confronti di chi è stato eletto (quindi non inquisito fino a quel momento) l’autorità giudiziaria debba sospendere qualsiasi intervento, tranne casi particolari, sino al termine del mandato.
Tutto ciò è necessario considerato che ormai è troppo evidente che il comportamento dei politici in generale è privo di etica: Previti, Dell’Utri, Milanese, Romano tanto per fare alcuni nomi.
Scritto il 24-9-2011 alle ore 11:08
Mi permetto osservare che, per garantire il “salutare” ricambio della classe politica, esiste un solo “rimedio” affidabile: il divieto del terzo mandato (“Nessuno può esercitare una pubblica funzione elettiva per più di due volte”).
Mi rendo conto che il sistema si presta ad “elusioni” (Putin docet!).
Ma le “elusioni” del sistema sono rare ed il sistema stesso si può, comunque, perfezionare (grazie proprio alle esperienze straniere…).
Ma tra le tante riforme costituzionali proposte, chi mai ha proposto una cosa del genere? E chi mai la proporrà…?
Scritto il 26-9-2011 alle ore 17:08
Perchè minimizzare i gravi fatti che accadono in Italia e che vedono il suo Presidente del Consiglio dei Ministri, indagato, imputato, nolente testimone ? Silvio Berlusconi non “appare sfiorato e/o ‘stregato’ da una rete affaristico-criminale” ma vi appare dentro fino al collo. I cc.dd.”contorni” non sono affatto “ancora opachi e indefiniti” ma più che sufficientemente chiari e definiti: si pensa davvero che ci sia “scontro” tra magistratura e politica ? I PM ed i Giudici non fanno altro che il loro dovere, con coraggio, superando difficoltà di ogni genere e vincendo qualsiasi umano e legittimo timore di indagare ed affronntare l’ iperpotenza Berlusconi ed il suo gruppo. Il nostro premier non si comporta come un comune cittadino che si difende “nel” processo e non “dal” processo, utilizza il suo ruolo istituzionale anche a fini strettamente personali, con le numerose leggi ad personam, i voti di fiducia in Parlamento (nonostante abbia avuto ed abbia una larga maggioranza), attaccando anche gli altri organi dello Stato. Sono d’accordo che una seria riforma elettorale debba stabilire che non può proporsi candidato chi è indagato per gravi fatti rilevanti penalmente, che chi assume una carica pubblica sia “incompatibile con la necessità di doversi confrontare con un magistrato inquirente”; ritengo che, coerentemente con quanto precede, anche nei confronti di chi è stato eletto (e non inquisito fino a quel momento) l’autorità giudiziaria non debba sospendere alcun intervento, “considerato che ormai è troppo evidente che il comportamento dei politici(ma fanno politica ? semanticamente) in generale è privo di etica: Previti, Dell’Utri, Milanese, Romano tanto per fare alcuni nomi”,precisato che chi è indagato o imputato per un reato non è presunto innocente ma solo presunto non colpevole.
Non trattandosi assolutamente di gossip ma di funzionmento della democrazia e del rispetto degli Italiani tutti, anche nei confronti degli altri Paesi civili, è bene non prescindere dal rispetto della nostra magnifica Costituzione e dei suoi principi tutti.
Scritto il 27-9-2011 alle ore 17:04
Questo governo – inteso nella più ampia accezione di “stile di governo” – ha da cadere, su questo non ci piove.
Tornano alla mente con prepotenza gli anni della fine della prima Repubblica, quando ferveva un gran via vai di scope, strofinacci, aspirapolvere e detersivi disinfettanti, e pareva che finalmente si potesse estirpare almeno qualcuna delle piaghe d’Egitto che infestavano l’Italia. Che so: l’invasione delle locuste? Il bagno di sangue?
C’era un cavaliere, magari non con l’armatura non proprio candida, ma che comunque pareva fare il suo lavoro di eroe umano con il minimo di decenza richiesta dal suo ufficio.
Allora caddero molte teste, qualcuna rotolò in prigione, qualcuna in esilio, e qualcuna se la cavò solo con un grande spavento. Che bello: tutto nuovo! E cosa avvenne?
Avvenne che un tale cabarettista ** palazzinaro venditore di fumo colluso con tutti e di più, impaurito dall’idea di non poterci più intortare coi suoi Drive in, decise di partecipare al torneo e scendere in campo. Era arrivato il Cavaliere Nero. Novello Gargamella, ci ha affatturato coi suoi filtri e i suoi fascini indiscreti fino a ieri. Voglio sperare che non succeda più, oggi. Anche se, ancora ieri, mio suocero (meridionale che dichiara di aver votato Lega!) lo difendeva. Che vergogna. Ma beh, è anziano, si può capire. Potremmo sempre difenderci con la circonvenzione d’incapace.
E allora, ammettiamo pure che questo vento di rivolta che spira per il paese porti prima o poi alla caduta dello Sceriffo di Nottingham e di qualcuno dei suoi sgherri e delle sue peripatetiche e all’inizio della terza Repubblica: chi verrà dopo? Il cavaliere buono del torneo precedente, ormai anche lui un po’ frusto, ha avuto la bella idea di scendere in campo cambiando schieramento: non più per difendere, ma per salire anche lui sul carrozzone.
Cominciamo a pensarci attentamente sin da ora: giustamente è imperativo impedire a certi figuri di afferrare un potere momentaneamente rimasto vacante. Le leggi devono essere cambiate, e presto. Considerati i precedenti, se una legge ad personam ha da essere fatta, che sia fatta contro, stavolta. Di leggi a favore siamo stufi.
** Senza nulla togliere ai cabarettisti: sono persone degnissime, normalmente mi piace il loro difficilissimo lavoro. Tanto di cappello. Finché non pretendono di portare battutacce e comportamenti goliardici a rappresentarci all’estero. Una volta eravamo pizza e mandolino… ora siamo mafia e cabaret e il mondo non ride con noi, ma di noi.